Ottobre, il mese dell’Oca

Da Giovanni Sant’Anna: una tradizione moderna

Ottobre è il mese dell’oca, ogni buon veneto lo sa e di sicuro ne tengono conto anche gli chef del Ristorante Da Giovanni – Sant’Anna.

Perché proprio ottobre?

L’oca è l’ingrediente fondamentale di molte pietanze venete tipicamente invernali. Ottobre è il giusto momento per iniziare la macellazione delle prime oche dell’anno e cominciare a mettere le mani in pasta per preparare salumi, ragù, conserve e arrosti. Se l’estate è il tempo dell’ingrasso per questi squisiti pennuti, l’inverno è il periodo giusto per i pranzi domenicali davanti al camino, in cui in Veneto non può mancare una ricetta a base d’oca.

Gli allevamenti di oche venete

Da secoli in Veneto si allevano oche, con modalità in evoluzione nel tempo. Nei cortili delle campagne venete, la vista di una manciata di oche libere al pascolo non era inusuale. Bianche, grigie, ma soprattutto pezzate, ecco le razze maggiormente presenti. Anche se oggi le oche venete pezzate sono più rare e quelle bianche romagnole decisamente più diffuse. Per un piatto tradizionale Da Giovanni – Sant’Anna saprà stupirvi, nel pieno segno della tradizione infatti il ristorante è dotato di un cortile con il suo personale allevamento d’oche a km0!

L’oca in onto: la ricetta

Carne d’oca conservata nel suo grasso fuso, volendo sintetizzare ecco l’oca in onto. Ѐ l’ingrediente base delle più tipiche pietanze venete. Viene infatti estratta all’occorrenza dal barattolo in cui è riposta e cucinata con le più svariate modalità. Essendo da secoli sulle tavole soprattutto dei padovani, nel 1967 la ricetta viene ufficializzata nel libro “La cucina padovana” di Giovanni Bianco Mengotti.

Il maiale dei poveri

Cos’hanno in comune un’oca e un maiale? Non è un indovinello ingannevole, inaspettatamente infatti delle similitudini tra i due animali ci sono e nella cucina veneto si fanno sentire. La principale è l’alta quantità di grasso presente nella carne di entrambi. Questo ha fatto sì che nella cucina padovana l’oca, più economica del maiale, soprattutto nei ceti più bassi che non potevano di mangiare suino venisse decisamente apprezzata. Talmente apprezzata che si è per l’appunto guadagnata il soprannome di “maiale dei poveri”.

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